Età, lavoro e organizzazioni: significati, relazioni, opportunità.

L’attributo ascritto dell’età anagrafica, misurata come il numero di anni trascorsi dal momento della nascita, rappresenta uno tra i principali fattori di stratificazione sociale. Al raggiungimento di una determinata età si associano infatti opportunità di accesso non solo a diritti e responsabilità normati in modi differenti all’interno di differenti contesti geografici, ma anche opportunità, risorse, aspettative costruite socialmente in modi differenti all’interno di differenti contesti socio-culturali. Si pensi, a titolo di esempio, al diritto di voto o alla possibilità di conseguire una patente di guida, entrambi legati al raggiungimento di una certa soglia di età, o alle aspettative legate all’esperienza della maternità con cui più o meno tutte le donne senza figli si scontrano al raggiungimento dei trenta anni di età.

Nonostante la sua rilevanza nella dinamica complessiva di organizzazione e funzionamento delle nostre società, l’età è stata per molto tempo assente nelle riflessioni e nei dibattiti sulla gestione delle persone all’interno delle organizzazioni di lavoro – anche in quelli incentrati sul tema delle differenze. 

Più di recente, in ragione soprattutto del processo di invecchiamento demografico che ha spinto una revisione dei sistemi di pensionamento orientata al prolungamento delle carriere di lavoro, si è iniziato a parlare di età anziana e invecchiamento al lavoro e anche di differenze generazionali. Gli studi sul tema – che spesso sono rimasti confinati al dibattito specialistico, mentre poche altre volte hanno trovato voce nel dibattito pubblico – hanno preso in esame, tra gli altri, il ‘problema’ dell’età come fattore di maggiore diversificazione dei lavoratori, la questione della discriminazione basata sull’età, temi legati alla performance e alla produttività dei lavoratori più anziani e alle motivazioni al lavoro di individui con età differenti.  

Nella maggior parte dei casi, il dibattito su età, lavoro e organizzazioni ha teso a ruotare intorno a una concezione di età come categoria ‘fissa’, basandosi essenzialmente sull’età anagrafica. 

E’ stato, invece, spesso trascurato il fatto che l’età è sempre oggetto di un complesso processo di costruzione di significati che passa da dinamiche relazionali e di potere. Ogni organizzazione (e ogni società, se vogliamo allargare lo sguardo), infatti, sviluppa, in modo più o meno esplicito, un proprio ordine del discorso intorno all’essere giovani e all’essere anziani, che ha un impatto sui modi in cui ciascun individuo dà significato alla propria età e affronta il processo di invecchiamento. L’età, inoltre, come altre categorie identitarie – ossia, intorno alle quali ogni individuo costruisce appartenenze – può essere un terreno di scelta, incontro/scontro, oppressione/valorizzazione, anche all’interno delle organizzazioni di lavoro. E proprio per le stesse organizzazioni, l’età può diventare principio organizzativo – nel senso di presupposto (o meglio, uno dei presupposti) a partire dal quale è possibile classificare, attribuire valore, organizzare, appunto.

Certamente, una organizzazione che voglia farsi carico di gestire al meglio le crescenti differenze di età del personale deve, come primo passo, conoscere la struttura per età della forza lavoro, anche facendo delle proiezioni per intravedere i probabili sviluppi nel medio termine. Per fare questo esercizio, basarsi sull’età anagrafica delle proprie collaboratrici e dei propri collaboratori è sufficiente. E tuttavia, questo passaggio non può che essere solo l’inizio di uno sforzo di riflessività che si ponga obiettivi molto più ambiziosi: fare emergere quale ‘cultura dell’età e dell’invecchiamento’ dominano all’interno dell’organizzazione, quali significati i lavoratori e le lavoratrici attribuiscono all’età e alle differenze di età, se e quali dinamiche di potere si legano alle differenze di età. 

Solo una visione che tenga conto di tutto ciò che viene prima e va oltre l’etichetta dell’età anagrafica può infatti supportare processi di gestione del personale che rendano le differenze di età un fattore capace di generare opportunità, per i singoli e per l’organizzazione. 


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