Strumenti di trade per regolare le catene globali del valore

La proposta di regolamento della Commissione Europea contro il lavoro forzato

Il lavoro forzato è definito, ai sensi dell’art. 2, comma 1 della Convenzione 29 del 1930 sul lavoro forzato e obbligatorio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) come “ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente” ed è la forma più diffusa di schiavitù moderna. Il lavoro forzato costituisce una grave violazione della dignità umana e dei diritti umani fondamentali ed è, per questo, vietato in modo esplicito all’articolo 5(2) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Nonostante gli sforzi profusi dal legislatore (a livello internazionale e nazionale), questo fenomeno rimane prevalente a livello globale. Secondo stime OIL, nel mondo le vittime di lavoro forzato sarebbero 27.6 milioni, di cui il 63% nel settore privato, categoria che comprende anche le catene globali del valore. 

In questo contesto, in data 14 settembre 2022, la Commissione ha pubblicato una proposta di regolamento (“Proposta di Regolamento”) per il divieto diffuso di importazione, esportazione e vendita di prodotti ottenuti con il lavoro forzato nel mercato unico europeo. L’obiettivo della Proposta di Regolamento è quello di vietare efficacemente l’immissione, la messa a disposizione sul mercato dell’UE e l’esportazione dall’UE di prodotti realizzati con il lavoro forzato, nozione che ricomprende anche il lavoro minorile forzato. 

La Proposta di Regolamento

All’articolo 3, la Proposta di Regolamento sancisce che gli operatori economici (incluse le PMI) non possono immettere o mettere a disposizione sul mercato dell’Unione prodotti realizzati con il lavoro forzato, né esportare tali prodotti. Tale divieto si applica ai prodotti di qualsiasi tipo per i quali è stato utilizzato il lavoro forzato in qualsiasi fase della loro produzione, fabbricazione, raccolta ed estrazione, comprese le lavorazioni o le trasformazioni connesse ai prodotti. Al fine di garantire l’efficacia del regolamento, gli Stati Membri dovranno individuare le autorità competenti ad effettuare le dovute indagini e a procedere ad eventuali verifiche e sanzioni in caso di violazioni (“Autorità Designata”). 

A livello procedurale, la Proposta di Regolamento delinea diverse fasi:

  1. Fase preliminare di indagine: l’Autorità Designata, nell’individuare potenziali violazioni, dovrà seguire un approccio basato sul rischio e dovrà valutare tutte le informazioni a sua disposizione, comprese le submission di terzi, gli indicatori di rischio che l’UE individuerà, le decisioni di altri Stati Membri e le informazioni di altre autorità che potrebbero essere rilevanti. A tal fine l’indagine dovrà concentrarsi sugli operatori economici il più possibile vicini al rischio di lavoro forzato, attenzionando in particolare le parti della value chain in cui è presumibile si potrebbe verificare un rischio di lavoro forzato, tenendo conto delle dimensioni degli operatori economici e della quantità di prodotti interessati. In tale fase l’Autorità Designata dovrà chiedere alle imprese interessate (le quali avranno 15 giorni per rispondere) quali misure abbiano adottato per identificare, verificare, mitigare o eliminare i rischi di lavoro forzato nelle loro operazioni e catene del valore. Trascorsi 30 giorni dalla data di ricevimento delle informazioni, l’Autorità Designata concluderà la fase preliminare d’indagine, stabilendo per quali soggetti vi siano fondati indizi di violazione dell’articolo 3.
  1. Indagini: nel caso in cui l’Autorità Designata dovesse ritenere sussistente un fondato rischio di violazione dell’articolo 3, dovrà avviare un’indagine sui prodotti e sugli operatori economici interessati i quali dovranno essere informati dell’avvio di tale fase. Anche in tale caso gli operatori economici sottoposti ad indagine dovranno fornire, entro 15 giorni, le informazioni necessarie e rilevanti richieste loro. 
  1. Fase decisionale: all’esito della seconda fase, l’Autorità Designata valuterà, entro un periodo di tempo ragionevole, le informazioni e le prove raccolte, così da stabilire l’esistenza o meno di una violazione dell’art. 3. In presenza di tale violazione, l’Autorità Designata dovrà adottare una decisione nei confronti delle imprese interessate contenente: (a) il divieto di importare, vendere o esportare i prodotti; (b) l’ordine di ritirare dall’UE i prodotti già presenti sul mercato; e/o (c) l’ordine di smaltire i prodotti. La decisione dovrà includere le conclusioni dell’Autorità Designata e un termine entro il quale gli operatori economici dovranno conformarsi all’ordine (non inferiore a 30 giorni). Le decisioni dell’Autorità Designata potranno essere soggette al riesame nel termine di 15 giorni dalla data di ricezione della decisione e la stessa Autorità potrà pronunciarsi nel termine di 15 giorni dalla ricezione dell’istanza di riesame. 

La Proposta, inoltre, prevede un’ampia condivisione delle informazioni tra gli Stati membri dell’UE, incoraggiando l’istituzione di una banca dati dei rischi di lavoro forzato in aree geografiche specifiche che dovrà essere aggiornata periodicamente.

La Commissione emanerà delle linee guida sulla due diligence in relazione al lavoro forzato, che tengano conto anche delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici (incluse le PMI) e delle linee guida sugli indicatori di rischio di lavoro forzato e sulle informazioni disponibili al pubblico.

Contesto internazionale

La proposta di regolamento si inserisce all’interno di un più ampio contesto internazionale, in cui diversi Paesi hanno progressivamente tentato di individuare misure di commercio internazionale finalizzate a contrastare il lavoro forzato all’interno delle catene globali del valore. Tra i Paesi precursori devono senza dubbio citarsi gli Stati Uniti i quali, nel 1930, hanno adottato, la Sezione 307 del Tariff Act con cui è stata proibita l’importazione di tutti i prodotti fabbricati totalmente o parzialmente con lavoro forzato, incluso il lavoro minorile. A livello procedurale la Sezione 307 ha designato la U.S. Customs and Border Protection, CBP” quale l’autorità competente in materia di protezione delle dogane e delle frontiere. 

Tale strumento legislativo è stato seguito dall’adozione, il 23 dicembre del 2021, dell’Uyghur Forced Labor Prevention Act (UFLPA), finalizzato a contrastare le gravi violazioni dei diritti umani nella regione autonoma dello Xinjiang della Repubblica Popolare Cinese. Secondo i dati raccolti dal Congresso americano (riportati nella Sezione 2 – Findings dell’UFLPA), dal 2017, il governo della Repubblica Popolare Cinese ha detenuto arbitrariamente ben 1,8 milioni di uiguri e membri di altri gruppi della minoranza musulmana in un sistema di campi di internamento di massa, sottoponendo i detenuti a lavori forzati, torture, indottrinamento politico e altre gravi violazioni dei diritti umani. Entrato in vigore il 21 giugno 2022, l’UFLPA stabilisce una presunzione relativa sull’illegittima produzione dei beni prodotti o fabbricati in tutto o in parte nella Regione autonoma uigura dello Xinjiang. Tale presunzione può essere tuttavia confutata tramite prove chiare e convincenti sulla legittimità del processo produttivo. La portata di tale norma è potenzialmente dirompente se si considera che circa l’80% del cotone prodotto in Cina (il 20% su scala globale) proviene dalla regione in questione. 

Conclusioni

La proposta di regolamento in materia di lavoro forzato rappresenta un passo importante verso la responsabilizzazione delle imprese rispetto agli impatti sociali della propria catena del valore. Tale strumento, non solo, deve essere letto congiuntamente agli analoghi strumenti normativi in ambito di commercio internazionale introdotti negli Stati Uniti, ma anche unitamente alla recente proposta di direttiva in materia di Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD). Tale proposta, presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2022, prevede per alcune categorie di imprese di grandi dimensioni un obbligo di adottare un processo di due diligence finalizzato a identificare, prevenire e porre rimedio a potenziali o effettive violazioni dei diritti umani (compreso il lavoro forzato) e dell’ambiente lungo la loro catena del valore. È importante, dunque, per le imprese notare che l’adozione di un processo di due diligence adeguato potrebbe essere uno strumento efficace sotto diversi profili (sia CSDD che Proposta di Regolamento). 


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