La leadership al tempo della sostenibilità

Qual è il paradigma della leadership?

Nell’epoca dell’inclusività e al tempo in cui la sostenibilità è diventata l’elemento chiave in base al quale declinare le proprie azioni, il concetto di leadership ha mutato pelle.

E in questa fase di cambiamento dei modelli che ispirano l’azione di tanti managers, l’evoluzione del mio percorso professionale ha trovato una sua dimensione tanto naturale quanto stimolante e creativa.

Quella che vi sto per raccontare è una storia di sfide e di prospettive, di ideali e di lavoro che si è sviluppata nel tempo insieme a colleghi che condividono valori importanti. Questa storia comincia nel 2019 quando da senior associate di uno studio internazionale ho deciso di affrontare una nuova avventura, quella di lasciare la strada della libera professione per proseguire il cammino come avvocato in house. All’epoca dei colloqui non sapevo esattamente cosa aspettarmi, ma sapevo certamente cosa non avrei voluto. Non avrei voluto un ambiente di lavoro monotono e privo di prospettive, senza creatività e con un perimetro limitato in termini di attività e persone. 

Nell’ambito del colloquio questo aspetto è emerso in maniera molto netta e, in maniera altrettanto chiara, mi è stato subito rappresentato quello che poi sarebbe stato il contesto in cui avrei operato. Un contesto ampio e culturalmente stimolante, con numerosi interlocutori sia interni che esterni e un team dislocato in Italia e in Grecia, con un costante dialogo costruttivo con la capogruppo francese e le altre società del Gruppo per lavorare tutti insieme ad un progetto ambizioso. 

La sfida era quella di sviluppare un sistema di compliance integrato, di creare una governance solida e rafforzare la cultura della compliance. Per far questo, oltre alle competenze tecniche, una serie di attitudini, e caratteristiche personali sarebbero state necessarie.

Ma questo era l’aspetto più entusiasmante e creativo. Riuscire a formare un team di professionisti/e con cui affiancare e, all’occorrenza, guidare i colleghi del business nella realizzazione dei piani di lavoro. Un progetto che certamente non si sarebbe esaurito nell’arco di una primavera, ma che avrebbe richiesto molte albe. Un progetto di lungo respiro, ma di sostanza e di solidità.

Quello di cui avevamo parlato nel corso del primo colloquio era il nucleo del concetto di leadership sostenibile o, parafrasando Gabriel García Márquez, di “leadership ai tempi della sostenibilità”, che si sarebbe declinato in un’esperienza umana di grande profondità e di lunga durata.

In questo percorso i valori di Danone sono stati una grande fonte di ispirazione perché si coniugano perfettamente con quello di cui si era parlato nel corso di quel primo colloquio quando si è discusso su come impostare le relazioni con i propri responsabili, colleghi, creare rapporti di fiducia con il top management e i vari teams, affinché la funzione compliance, che nel disegno della società è inserita nella Direzione Legale, fosse considerata un compagno di viaggio con cui disegnare la rotta. 

Quello che mi portavo dentro come bagaglio personale dalle mie precedenti esperienze professionali era che vi sono differenti stili di leadership, diversi a seconda del manager che coordina il team e tanti quanti sono i membri del team. Non esiste una formula matematica e assoluta di leadership, ma esiste una funzione complessa e mutevole che porta ad un risultato vincente quando al centro di questa funzione sono poste le persone.

Questo è stato decisivo nel mio ruolo. 

Il fattore umano in Danone è veramente al centro di ogni progetto e caratterizza quell’ideale di leadership che consente di dar vita e realizzare anche i progetti più ambiziosi.

In un contesto in cui il modello di fare business cui eravamo abituati in passato è profondamente mutato e sono cambiati anche i parametri in base ai quali consumatori, investitori e partners commerciali orientano le scelte di prodotti, servizi e clienti, anche il ruolo dei managers si deve evolvere per integrarsi perfettamente in un sistema-azienda che guarda alla sostenibilità. Una sostenibilità che non è solo quella ambientale ed economica, ma che è anche quella sociale ed etica di cui il più ampio ecosistema imprenditoriale ha bisogno.

Pensando ad un modello che può essere vincente in questo nuovo contesto sociale e che può innescare quel meccanismo di crescita cui ogni azienda mira, è importante parlare di “senso del ruolo” che anima le azioni e spinge a correre ognuno la propria corsa. Quel concetto di “purpose” che sempre più si sta affermando. Nell’operare quotidiano o nel programmare attività a più lungo raggio in Danone ragioniamo sempre per obiettivi, condividendo con il team la visione e i risultati che si vogliono raggiungere e definendo insieme la strada da percorrere per creare quel senso di appartenenza fondamentale per generare energia e trasmettere voglia di far bene.

Una delle sfide più difficili è quella di riuscire a far comprendere il valore delle attività che svolgiamo, l’importanza del nostro ruolo all’interno e all’esterno dell’azienda come motore della sostenibilità etica cui Danone punta, e creare una reale integrazione con tutti i nostri interlocutori dentro e fuori il nostro microcosmo. 

Parlare di leadership sostenibile è lanciare uno sguardo oltre l’orizzonte dei propri obiettivi economici e dei progetti autoreferenziali, significa ricercare tali obiettivi con un approccio consapevole dell’impatto che può essere generato quando si crea un nesso tra la sostenibilità economica e quella sociale, ambientale ed etica, nesso che consente di produrre nel lungo periodo quel vantaggio competitivo che, a sua volta, alimenta i risultati finanziari. Una leadership sostenibile è, dunque, quella che guardando al di là del proprio perimetro, interpreta le necessità della comunità aziendale e di quella su cui l’azienda interviene ponendosi al servizio della comunità per impattare positivamente sulla stessa.

In questo percorso gli elementi che crediamo non debbano mai mancare sono il dialogo aperto, la capacità di comunicare in maniera trasparente idee e obiettivi, ma anche pensieri, strategie e feedback, e la coerenza con sé stessi e con il resto dell’azienda per dimostrare con l’esempio i valori in cui si crede e che si vuole attuare.

Così facendo si riesce a creare quell’inclusione che è realmente parte integrante dello spirito aziendale. Non un’inclusione forzata dalla necessità della condivisione del lavoro, ma un’inclusione che parla di ciascun membro del team in modo che ognuno possa esprimere, nel proprio ruolo, intuizioni, emozioni e soluzioni che portano al raggiungimento degli obiettivi. Obiettivi che sono e devono essere sempre quelli dell’intero team. Perché non ci sono sfide che si vincono in solitaria e perché in un contesto aziendale e sociale in cui tutti siamo interconnessi e in cui i risultati, anche quelli di business, non si riflettono più solo ed esclusivamente nell’ambito del proprio bilancio, ma si proiettano verso l’ambiente, la comunità e la società, anche la visione della leadership deve essere permeata da valori che dal singolo e dal particolare trascendono nel più ampio contesto sociale. In quest’ottica si può realizzare quell’aspirazione di sostenibilità a cui anche la leadership non può sottrarsi.