Misurare e gestire l’impatto per definire la propria identità

I concetti di sostenibilità e impatto comprendono un’ampia varietà di dimensioni e prospettive.

Esistono diverse definizioni di sostenibilità e impatto, che hanno generato e continuano ad alimentare un ampio dibattito. Negli ultimi tempi dove l’intero ecosistema sociale ed economico è stato sottoposto a nuove sfide radicali, la gestione, misurazione e comunicazione dell’impatto sono diventate un mantra per coloro che si pongono come obiettivo la generazione di un cambiamento positivo a livello sociale e ambientale.

Non è più sufficiente affermare di fare la differenza o dimostrare di minimizzare potenziali danni, sono necessarie prove del cambiamento positivo e intenzionale che i differenti attori generano. Diviene dunque fondamentale sviluppare approcci e metodologie appropriate che accompagnino nella gestione, misurazione e produzione delle evidenze di impatto. Tale sfida è di interesse per una moltitudine di attori come imprenditori, imprese profit, organizzazioni ibride, organizzazioni non profit, finanziatori, investitori, politici e accademici. 

Tali riflessioni sono oggi accelerate non solo dall’emergenze sociali ed ambientali che stiamo vivendo ma anche dalle pressioni regolatorie, dal rapido aumento di forme organizzative ibride, dalla crescita della finanza ad impatto e da una sana critica alla grammatica ESG degli ultimi decenni. 

Rispetto alle pressioni regolatorie focalizzandosi sulle più recenti, l’Unione Europea ha definito regole comuni e un perimetro normativo per guidare il mercato dell’ESG e dell’economia d’impatto, coprendo sia il settore finanziario che quello aziendale come il Regolamento UE 2088/2019 “informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari” (c.d. “regolamento SFDR”) che introduce specifici obblighi di informativa sui rischi di sostenibilità dei prodotti finanziari, integrato dalla cosiddetta “Taxonomy Regulation”.

Tali regolamentazioni avranno il beneficio di cercare allineare i differenti attori sulle modalità di rendicontazione non finanziaria ma da soli non saranno sufficienti a sviluppare processi di misura che diano pari dignità alle tre dimensioni – economica, ambientale e sociale. In parte stanno supportando anche le recenti critiche ai sistemi ESG dove spesso non c’è un equilibrio fra performance ambientali e sociali, c’è disallineamento fra le diverse agenzie di rating e permane un approccio basato sulla misura degli output rispetto agli outcome e agli impatti, si minimizzano i nessi causali e si perde una visione sistemica dell’impatto.

L’altra importante recente leva è sicuramente una rivoluzione guidata dalle stesse imprese profit che si trasformano generando modelli ibridi che mirano ad affrontare nuove problematiche sociali, politiche ed economiche globali. Queste organizzazioni adottano modelli di business innovativi, fondendo scopi sociali, ambientali ed economici e generando impatto come parte del loro core business.

Le organizzazioni ibride sono caratterizzate da un profilo variegato di stakeholder, la loro struttura di governance comprende più stakeholder e le loro attività hanno effetti su un’ampia gamma di attori diversi (ad es. beneficiari, clienti, finanziatori e dipendenti). Tutti questi stakeholder hanno esigenze e aspettative diverse. Inoltre, le organizzazioni ibride devono trovare un equilibrio tra il raggiungimento della missione sociale e ambientale e la generazione di profitti. La domanda che ci si pone è quindi come le organizzazioni ibride possano integrare, gestire e dimostrare la loro ibridità la cui risposta risiede nella capacità e volontà di tali organizzazioni di integrare, misurare e gestire l’impatto.

Infine il cambiamento di paradigma che ha portato allo sviluppo di diversi modelli di finanza sostenibile supportato dalle riforme sopra citate pone al centro la questione della misurazione dell’impatto anche nella finanza tradizionale. Infatti, tali investimenti combinano due dimensioni e logiche potenzialmente conflittuali: le performance finanziarie e gli impatti sui criteri ESG. Il problema è quindi come combinare logiche conflittuali, dove di nuovo la risposta risiede nello sviluppo di infrastrutture di misurazione capaci di gestire tali negoziazioni evitando fenomeni distorsivi, già in corso, quali ad esempio differenti fondi che si dichiarano sostenibili o ad impatto pur non essendoli nella sostanza. 

Dobbiamo quindi affrontare la questione della misurazione e gestione dell’impatto e della sostenibilità analizzando anche le differenti funzioni che dovrebbe assumere oltre a quella comunicativa; infatti, nel caso in cui si comunichi verso gli stakeholder esterni la gestione e la misurazione della sostenibilità e degli impatti può contribuire al posizionamento strategico e alla reputazione dell’organizzazione.

Se la misurazione e la gestione hanno una funzione interna possono consentire alle organizzazioni di:

  • (a) migliorare i processi di generazione dell’impatto;
  • (b) costruire la propria identità come attori trasformativi in grado di risolvere le sfide sociali;
  • (c) migliorare le prestazioni, sulla base degli obiettivi e target di impatto;
  • (d) integrare gli approcci di misurazione di fondi d’investimento e delle operazioni delle società partecipate assumendo una funzione transazionale, di negoziazione. 

Approfondendo però l’affermazione che “ciò che viene misurato viene anche gestito” per realmente assicurare l’allineamento fra le varie funzioni, dobbiamo garantire la capacità di misurare anche ciò che è complesso, sistemico e a volte non allineato (altrimenti non lo gestiamo) e tale garanzia, in parte, risiede nello sviluppo di approcci, standard per misurare.

Come accademici abbiamo analizzato e analizziamo il proliferare di differenti approcci, aggiornando una mappatura in costante crescita, non esistendo un approccio unico adottato a livello globale e al quale tutte le organizzazioni possono far riferimento per gestire e misurare l’impatto. Tali approcci e strumenti sono stati pensati e affinati non solo da soggetti accademici, ma anche da organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie, associazioni di categoria e singole organizzazioni. Provando a fornire una tassonomia come guida per orientarsi possiamo definire tre cluster: approcci e standard per dimostrare la sostenibilità, approcci e standard per allinearsi con le grandi sfide della società, approcci e standard per generare impatto.

Gli approcci e standard per dimostrare la sostenibilità sono utilizzati dalle organizzazioni per essere conformi a quadri normativi e per comunicare i risultati raggiunti principalmente agli stakeholder esterni, focalizzandosi sugli output, con l’obiettivo di rafforzare l’immagine dell’organizzazione come entità responsabile.

Qui possiamo collocare per esempio i sistemi ESG.

Gli approcci volti ad allinearsi con le grandi sfide della società supportano le organizzazioni verso un approccio più proattivo e robusto, stimolandole ad allineare obiettivi strategici per dare risposta ai bisogni sociali e ambientali più urgenti. Avanzando quindi da un approccio di legittimazione principalmente esterna all’endogenizzazione dell’impatto, queste metodologie sviluppano una prospettiva manageriale interna attenta alla gestione e misurazione dell’impatto sociale e ambientale. In questo contesto, si passa dalla comunicazione di comportamenti etici e responsabili alla definizione di un’identità organizzativa orientata allo sviluppo sostenibile.

Rispetto ai processi dimostrare la sostenibilità, questi approcci richiedono alle organizzazioni di negoziare ex ante obiettivi e target di sostenibilità e impatti e di assicurare l’allineamento con i cambiamenti monitorati e misurati ex post. Gli standard che rientrano in questa categoria nascono nel sistema SDGs come ad esempio l’SDG Impact Standards, l’Impact Management Project e le recenti evoluzioni del GRI – Global Reporting Initiative.

Infine, gli approcci volti a generare impatto sposano la sua definizione come il cambiamento sociale, ambientale, economico generato da un’organizzazione nel lungo periodo sui suoi beneficiari e sulla comunità di riferimento e lo caratterizzano con tre elementi chiave: intenzionalità, misurabilità e addizionalità.

Nel perseguire l’impatto come appena definito, le organizzazioni riescono ad allineare le strategie di comunicazione con i processi di gestione e generazione di impatto sviluppando anche sistemi di raccolta e analisi dei dati capaci di valutare gli effetti a breve, medio e lungo termine. Inoltre integrando strumenti di misurazione dell’impatto nei propri processi operativi sono anche in grado di definire e rafforzare la propria identità di attori trasformativi in grado di risolvere le grandi sfide sociali e ambientali. In aggiunta nella maggior parte dei casi, questa tipologia di approcci emerge dal processo di negoziazione tra gli stakeholder attivando processi relazionali basati sull’apprendimento reciproco, sviluppando pratiche di misurazione dell’impatto capaci di adattarsi agli interessi di tutti gli attori coinvolti.

Gli standard e gli approcci volti a generare impatto sono quelli in cui i risultati attesi possono essere descritti tramite nessi causali tra i vari elementi che compongono la catena del valore sociale: input; attività; output; outcome; impatti. 

Tali approcci sposano la Theory of Change, modello logico che da evidenza dei nessi causali e identifica con chiarezza i risultati che un’organizzazione intende conseguire e come, mettendo in rilievo l’importanza di raggiungere outcome intermedi e fornendo gli elementi di base e la struttura per identificare le evidenze che possono essere misurate come ad esempio l’Impact weighted accounts (IWA) e il Social impact assessment (SIA). 

Analizzando il proliferare dei differenti approcci possiamo serenamente affermare che non abbiamo ancora una soluzione condivisa alla misurazione dell’impatto. Ritengo che non sarà un unico standard a darci le risposte, ma una combinazione dei differenti approcci sopra descritti e che non sarà sufficiente la mera applicazione di tali approcci.

Dovremo aspettare un’ulteriore rivoluzione culturale dove le organizzazioni e gli investitori saranno disposti a superare i conflitti intrinsechi alle dimensioni sociali, ambientali, di governance ed economiche sviluppando nuovi prodotti e servizi, dove la maggior parte delle imprese saranno ibride e gli investimenti saranno canalizzati verso la risoluzione delle grandi sfide. Infine, la misurazione dell’impatto dovrà essere riconosciuta come strumento di gestione e identitario, divenire una pratica con la stessa valenza della valutazione economica: si dovrà dare valore alla cultura del dato sfruttando nuovi strumenti a disposizione come l’intelligenza artificiale.