Lo scorso 13 luglio il World Economic Forum ha diffuso il report annuale Global Gender Gap Report 2022 giunto alla sua sedicesima edizione e dedicato ai livelli di attuazione delle misure riduttive del gender gap in tutti settori e livelli lavorativi. Un’analisi dall’area corporate al terzo settore, passando dalla rappresentazione politica fino al lavoro di cura e assistenza.
I dati emersi, a livello globale, riportano un trend complessivo di lieve miglioramento rispetto al 2021, ma di certo non ottimista: in base agli andamenti attuali, per raggiungere la piena parità di genere, impiegheremo ben 132 anni.
Rispetto al 2020, che prevedeva 136 anni per il raggiungimento della Gender Parity c’è quindi un lieve miglioramento, ma non è ancora (ovviamente) abbastanza.
Puntando la lente di ingrandimento sull’Italia, la situazione è stabile, ma lontana da un risultato che possiamo considerare di successo. Il nostro Paese risulta infatti al 63esimo posto al mondo su 146 posizioni complessive e 25esimo in Europa su 35 nazioni totali.
Ma se è vero che il report sottolinea una situazione complicata, è altrettanto importante ricordare che sono stati diversi, negli anni, gli interventi legislativi che hanno cercato di intervenire sul gender gap in ambito lavorativo nel nostro Paese.
La parità di genere e la riduzione delle disuguaglianze sul posto di lavoro infatti passa anche dai ruoli dirigenziali che le donne possono ricoprire. Dopo la proroga della Legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei CdA e la proposta sulla trasparenza salariale presentata dalla Commissione Europea, il nostro Paese ha anche visto l’approvazione della legge 162 del 2021 (legge Gribaudo) che punta a favorire la parità retributiva e le pari opportunità sul luogo di lavoro.
Dal 1° gennaio 2022 inoltre è prevista una certificazione sulla parità di genere con l’obiettivo di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. E la legge Gribaudo riconosce anche sgravi fiscali alle aziende che possono dimostrare interventi e risultati in tema di parità di genere. Senza contare che, in ottica di trasparenza, è anche stato istituito un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese costituito da rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità, dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, di rappresentanti sindacali ed esperti.
In Italia, nel 2022, le donne detengono il 32% delle posizioni aziendali di comando, 2 punti percentuali in più rispetto al 2021. Le donne CEO sono salite al 20% così come quelle con ruoli nel senior management al 30% nel 2022. Tuttavia, secondo il rapporto annuale “Women in Business“ di Grant Thornton, il nostro Paese rimane ancora nelle retrovie tra le 30 economie mondiali analizzate.
La stessa ricerca nel 2021 aveva rilevato, infatti, che le posizioni di CEO occupate dalle donne erano scese al 18% rispetto al 23% registrato nel 2020, andando sotto la media dell’Eurozona (21%) e delle rilevazioni fatte a livello mondo (26%). Invece, a livello globale, la ricerca ha mostrato che rispetto al 2021 aumentano le donne CFO (oggi al 37%) e COO (al 24%), mentre scendono di 2 punti le donne CEO (24% rispetto al 26% dello scorso anno).
Tenendo alta l’attenzione su questo tema e lavorando per aumentare la consapevolezza che un mondo che prevede la parità di genere in ambito lavorativo, e non solo, è un mondo migliore. Per tutti.
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