Insieme a Confartigianato Cuneo

ESG4PMI – Si conclude oggi la seconda edizione del nostro progetto formativo disegnato con Istud Business school e WST rivolto alle imprese associate a Confartigianato Cuneo

Un progetto che ad oggi, con due edizioni all’attivo ha formato 60 imprese artigiane, eterogenee fra loro, motivate ad approcciare e approfondire il valore della sostenibilità.

Tre, i piani di apprendimento del percorso: consapevolezza, conoscenze, attitudini e comportamenti.

Quattro moduli formativi per tradurre una visione globale nella realtà del territorio e nelle singole imprese, per capire ad oggi quale sia il loro valore e attualizzare i modelli di business guidati dai principi ESG, dagli obiettivi dell’agenda 2030 e soprattutto del senso che sta alla base della dimensione generativa dell’impresa. Passare così dalla strategia all’applicazione di modelli, strumenti operativi della sostenibilità, senza mai dimenticare una componente cruciale, la dorsale di ogni ecosistema d’impresa: le persone.

Una prospettiva relazionale, che richiede la gestione di tutti gli stakeholder, l’interazione con le persone che generano il valore dell’impresa, dei nuovi stili di leadership per il cambiamento culturale ed organizzativo.

Momenti concettuali e di confronto in aula, per raggiungere l’obiettivo: passare dalla sostenibilità selettiva che verticalizza i principi ESG alla sostenibilità sistemica che vede le tre componenti come integrate nel modello d’impresa, nei suoi valori, guidati dall’etica: ciò che per ognuno di noi è giusto e indirizza le nostre decisioni, il modo con cui agiamo.

Dalla visione prevalentemente green, espressa ad inizio percorso dai partecipanti, oggi a conclusione di questo primo lavoro insieme, abbiamo ridefinito il senso della sostenibilità per le 30 imprese in aula stimolandoli a rispondere alla domanda

Cosa avete imparato e cosa farete da domani?

Queste le loro risposte:

“La necessità di maggiore condivisione nella governance”, “Il sistema deve cambiare”, “Confrontarsi con i dipendenti”, “Passare dalla sostenibilità come un peso all’opportunità”, “Aprire la visione sul sociale”, “L’importanza di agire da adesso”, “Avere una visione integrale”, “Capire che la sostenibilità è ciò che affrontiamo tutti i giorni”, “L’importanza della visione etica e del fare rete”, “Applicare i valori alle diverse discipline artigiane”

Un confronto di grande ricchezza umana e imprenditoriale che in sintesi confluisce nell’innovazione strategica, del modello di business, del modello organizzativo e di competenze, di prodotto e servizio, di processo e far sì che la visione sistemica diventi un driver e una modalità di approccio, alimentazione e mantenimento di un percorso di trasformazione culturale. Formarsi è un primo innesco per generare nuova consapevolezza e dare senso al cambiamento.

Questo lo spirito e l’esperienza, che porteremo insieme a Confartigianato Cuneo anche nella III edizione, in partenza il 29 maggio e rivolta ad altre 30 imprese artigiane. Qui maggiori informazioni per iscriversi

Parallelamente, il team dei tutor della sostenibilità di Confartigianato Cuneo, formati ad inizio percorso, proseguirà nel lavoro di supporto alle imprese partecipanti per la compilazione della survey di auto riflessione e analisi, frutto di un lavoro congiunto fra l’associazione, le imprese, WST e tutti i partner del progetto.

Salutiamo l’aula, grati a tutti i partecipanti per la generosa condivisione e l’apprendimento collettivo, con una certezza: l’innovazione, la cura per il sapere e il saper fare sono parte integrante del DNA delle imprese artigiane.

Innovazione ed Evoluzione d’impresa per l’impatto

In tre edizioni sono state accompagnate 62 aziende, si sono candidate oltre 100 imprese

e sono stati coinvolti più di 200 studenti

Al via la IV edizione di Impact Prototypes Labs – IP Labs, un programma di apprendimento collettivo realizzato dal Cottino Social Impact Campus e dedicato alle imprese del territorio piemontese e alle studentesse e studenti dei Corsi di Laurea Magistrali del Politecnico di Torino e dell’Università degli Studi di Torino.

IP Labs è un programma pratico di formazione e accompagnamento, rivolto alle imprese che intendano affrontare un percorso di evoluzione e innovazione strategica, organizzativa, manageriale, attraverso progetti che coniughino gli obiettivi di competitività e posizionamento sul mercato con la realizzazione e misurazione dell’impatto positivo generato.

Finanziato per oltre 140mila euro, IP Labs è sostenuto da Fondazione Cottino, dalla Camera di commercio di Torino e da UniCredit e supportato da un’importante rete di partner: Politecnico di Torino, Università degli Studi di Torino, Fondazione Collegio Universitario Einaudi, Fondazione Piemonte Innova, Api Torino, Confindustria Canavese, Unione Industriali di Torino, YES4TO, Unigens e Torino Social Impact.

Il programma è utile alle imprese che vogliano analizzare la propria situazione di partenza, immaginare nuove opportunità, acquisire nuove competenze e strumenti, essere guidate da una tutorship competente in strategia aziendale, gestione, misurazione dell’impatto e confrontarsi con menti giovani per accogliere nuove visioni e competenze.

Allo stesso tempo, in IP Labs le studentesse e gli studenti universitari hanno l’opportunità di vivere un apprendimento pratico, entrare in contatto con le aziende del territorio ed affacciarsi al mondo del lavoro, imparando a gestire progetti di innovazione, volti alla generazione di impatto positivo.

I team composti da imprese e studenti saranno accompagnati dai tutor del Cottino Social Impact Campus e del CeVIS, il Centro di Competenze per la Misurazione e Valutazione dell’Impatto, nato da un accordo strategico fra Fondazione Cottino e Camera di commercio di Torino, Torino Social Impact.

“Oggi per un’azienda non è più solo essenziale realizzare progetti ad impatto, ma anche misurarne gli effetti concreti generati all’interno e all’esterno dell’azienda stessa – sottolinea Cristina Di Bari, CEO del Cottino Social Impact Campus e Presidente della Fondazione Cottino. IP Labs offre l’opportunità di confrontarsi con una materia complessa, avendo a disposizione gli attori sul territorio più competenti in questi ambiti. Aver aggregato un ecosistema di partner su un tema di tale attualità e importanza strategica per le aziende è stato per noi un obiettivo importante fin dalla prima edizione del programma”.

Siamo alla quarta edizione di IP Labs e oggi possiamo dire che la formula è consolidata e di successo: il dialogo tra studenti e imprese è sempre vincente e di grande ispirazione proprio quando si parla di innovazione e impatto sociale – spiega Dario Gallina, Presidente della Camera di commercio di Torino. – Il nostro territorio mette in campo le migliori professionalità grazie alla partecipazione degli atenei, del Cottino Social Impact Campus e del CeVis, il Centro di Competenze per la Misurazione e Valutazione dell’impatto, una realtà che abbiamo fortemente voluto per avere a disposizione dati certi sul valore dell’operato delle imprese”.

“Crediamo molto nel progetto Ip Labs perché dedicato alle imprese e ai giovani, afferma Paola Garibotti, Regional Manager Nord Ovest di UniCredit. UniCredit vuole investire nel futuro delle nuove generazioni per generare un impatto positivo nelle comunità in cui opera e per consentire loro di sprigionare tutto il loro potenziale, sia come futuri imprenditori che come soggetti attivi di una società che sta cambiando e si sta innovando.”

Dopo la fase di selezione delle aziende tra le candidature ricevute, inizierà l’abbinamento dei team composti da imprese, studenti e tutor, che da ottobre 2024 lavoreranno insieme per elaborare un progetto di innovazione, finalizzato a generare maggiore impatto, attraverso il miglioramento interno e iniziare ad applicare le metodologie di pianificazione, gestione, misurazione dell’impatto.

Il bando per le imprese è aperto da oggi fino al 15 giugno https://www.cottinosocialimpactcampus.org/transformative-education-and-learning/impact-prototypes-labs-2024-2025/. Il programma IP Labs terminerà a febbraio 2025 con l’Impact Day, l’evento conclusivo che avrà l’obiettivo di dare spazio ai team per presentare a imprese, studenti, partner istituzionali, accademici e datoriali il risultato del lavoro svolto durante il percorso.

QUALCHE STORIA DALLE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO ALLE SCORSE EDIZIONI DI IP LABS

Nelle precedenti tre edizioni sono state accompagnate 62 aziende e sono stati coinvolti più di 200 studenti. Tra le aziende che hanno partecipato, alcune esperienze sono diventate vere e proprie occasioni di crescita e sviluppo aziendale. Tra queste, ad esempio, la storica azienda produttrice di bottoni di alta moda F.lli Bonfanti, premiata nella scorsa edizione, ha invece lavorato a un nuovo prodotto fortemente innovativo, un bottone “intelligente” che funge da dispositivo di SOS. Oggi l’azienda è accompagnata da I3P, l’Incubatore del Politecnico di Torino.

Ri-generation prima azienda in Italia a rigenerare elettrodomestici, ha partecipato ad IP Labs con l’obiettivo di identificare e misurare l’impatto sociale generato dall’attività aziendale. Gli studenti si sono concentrati sul metodo da utilizzare e poi hanno identificato i KPI strategici, sviluppando poi un modello ad hoc.

Overlab, realtà che fornisce ai propri clienti prodotti e soluzioni che coniugano i valori ESG alle tecnologie digitali per l’efficientamento della produzione, ha lavorato a un modello operativo per creare coesione tra i collaboratori, quasi tutti in Full Smart Working. Al termine del programma, Overlab ha assunto in azienda una componente del team degli studenti, laureata in Systemic Design, diventata oggi Sustainability Specialist.

CIAC – Consorzio InterAziendale Canavesano per la formazione professionale, ha avviato un progetto di sostenibilità sociale in Canavese prendendo in gestione un bar/tavola fredda che a marzo 2024 è diventato una delle portinerie di comunità della rete italiana di cultura popolare.

Per HIND – Holding Industriale S.p.A., holding company che investe nei settori di eccellenza del Made in Italy, IP Labs ha rappresentato l’occasione per sviluppare due progetti: la redazione del primo Bilancio di Sostenibilità di Beste S.p.A. e l’identificazione di possibili soluzioni per la rigenerazione e valorizzazione delle rimanenze di tessuti, pelle e capi finiti, al fine di consentire al Gruppo di aziende di ottenere un valore aggiunto attraverso il recupero dei prodotti.

L’Energy Service Company (ESCo) COESA con gli studenti della scorsa edizione di IP Labs, ha infine creato KeepTheSun, un marketplace di compravendita dedicato al fotovoltaico usato. La piattaforma lanciata a inizio 2024 ha ricevuto decine di richieste di compravendita di cui alcune sono andate online, altre direttamente in trattativa con la rete di stakeholder.

Delta Visione, realtà innovativa che offre soluzioni nella progettazione, costruzione e installazione di sistemi di marcatura industriale, tracciabilità, visione artificiale e macchine di selezione, ha lavorato a un importante piano di welfare sostenibile, predisponendo una reportistica attraverso la quale monitorare risorse economiche dedicate e gradimento delle azioni approvate.

Sei un’impresa del territorio piemontese, interessata a fare un percorso di innovazione ed evoluzione strategica, organizzativa, manageriale, grazie all’impatto?

Candidati alla IV edizione IP Labs, entro il 15 giugno 2024.

Purpose, modelli di business e gestione d’impresa – i tre driver da cui si è originato un bell’esempio di progettazione multi stakeholder e un lavoro di squadra fra Cottino Social Impact Campus, Istud Business School, Skillab insieme per Unione Industriali Torino. 

Il Purpose, il senso, lo scopo del nostro fare ed essere impresa.

I modelli di business e la gestione d’impresa – due asset che concorrono non solo al posizionamento di mercato dell’azienda e alla sua competitività, ma nell’ottica ESG diventano cruciali anche nel pensarsi e agire come filiera, nell’innovare e sentirsi protagonisti di un cambiamento virtuoso che consenta la profittabilità e al contempo la generazione di impatto positivo

Nella trasformazione globale senza precedenti in cui siamo immersi, i corpi intermedi hanno un ruolo fondamentale in quanto portatori e facilitatori del percorso d’impresa verso la transizione sostenibile. 

La maggior parte delle datoriali oggi si sta concentrando sulle imprese come primi destinatari di nuova consapevolezza ESG. Unione Industriali Torino ha fatto una scelta pionieristica lungimirante..partire dall’interno, dal loro team per poi giungere più solidi alle imprese. 

Fare impresa nell’era della Purpose-Driven Economy

“Imprese ad impatto” nasce in questa cornice ed ha consentito a noi, Campus e Istud, a Skillab, ad un team selezionato da  Unione Industriali Torino, eterogeneo per età e livelli manageriali, di confrontarci su come approcciare la sostenibilità e fare leva su nuove competenze, strategie e modelli operativi. 

Questi gli obiettivi della prima parte del progetto che dopo aver formato il team UI, ha portato poi ad una progettazione congiunta di un percorso trasformativo per le imprese associate ad UI Torino

Il valore del fare rete e dell’essere parte di un ecosistema 

Fare rete è uno dei primi obiettivi di un’impresa che sceglie di far parte di un ente datoriale e crescere insieme. Essere rete, evolutiva e fattiva è l’obiettivo di un corpo intermedio. 

L’ecosistema è l’ambiente in cui sviluppiamo idee, progettualità, risorse, scambiamo relazioni, visioni, lavoriamo, pur nella distintività dei soggetti che lo compongono, verso un obiettivo comune. 

Fare rete nell’ecosistema è il vero valore aggiunto e al contempo una grande opportunità di apprendimento collettivo e di crescita condivisa. 

Questa la logica che guida ogni nostro progetto e che, grazie alla determinazione e lungimiranza di Unione Industriali Torino, ci ha permesso di portare il valore della visione multi-stakeholder al suo team e alle imprese associate e ha costituito un volano di altre progettualità condivise per rafforzare il senso della sostenibilità come imperativo di responsabilità d’impresa e generatore di impatto positivo per le governance, per i territori, per le persone che contribuiscono al loro valore. 

Quale valore per le imprese partecipanti? 

Ce lo racconta Daniela Laigueglia, Responsabile Area Gruppo Giovani, Piccola Industria e Ufficio ESG Sostenibilità Unione Industriali Torino

“…le nostre aziende si sono portate a casa elementi concreti e di visione che mescolati insieme hanno permesso di poter personalizzare la loro capacità di crescere in maniera sostenibile. Il valore di questo percorso è stato quello di poterlo seguire in primis noi come team e di poterlo poi regalare come esperienza, ma soprattutto come contenuti alle nostre aziende associate. “

Responsabile Area Gruppo Giovani, Piccola Industria e Ufficio ESG Sostenibilità presso Unione Industriali Torino

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L’esperienza dell’immigrazione può favorire lo sviluppo di preziose competenze trasversali, prime tra tutte quelle interculturali. Si tratta di soft skill che potrebbero contribuire significativamente a un incremento della performance economica delle aziende italiane, ormai parte di un mercato globalizzato e di una società spiccatamente multietnica.

Queste competenze, tuttavia, restano spesso invisibili e quindi inutilizzate, come anche quelle documentate dai titoli di studio conseguiti all’estero. Tra le persone migranti occupate in Italia, circa una su cinque ritiene di essere sovraqualificata rispetto al lavoro svolto (ISTAT, 2023) e ricerche evidenziano quanto sia complesso nel nostro paese pensare alla forza lavoro migrante come a un patrimonio di competenze da valorizzare.


In molti casi sono gli stessi migranti a non far leva sulle proprie competenze nella ricerca di un impiego. Ad esempio, sono pochissimi i cittadini stranieri che, in possesso di un titolo di studio acquisito all’estero, scelgano di attivarsi per il riconoscimento. Ciò dipende dalla convinzione, non infondata, che affrontare le complesse e costose procedure non porti ad alcun significativo vantaggio in termini di occupabilità o avanzamento di carriera. Questo si spiega con la persistenza di un modello di organizzazione del lavoro in cui la manodopera migrante tende a essere relegata ai livelli più bassi della gerarchia occupazionale. In effetti, tra gli occupati stranieri laureati, meno del 40% svolge una professione qualificata (Istat, 2023). E’ un dato che consente di stimare la portata di un sistematico sottoutilizzo del capitale umano disponibile.

E il fenomeno non riguarda solo i titoli di studio. Spesso fatica a venire a galla anche il ricco patrimonio di competenze acquisite dai migranti in contesti non formali e informali. Se durante un colloquio di lavoro venisse ad esempio esplorata l’esperienza lavorativa maturata dalla persona migrante nel paese d’origine, potrebbero emergere hard o soft skill valorizzabili anche nel nuovo contesto.

Per il mercato del lavoro italiano è oggi cruciale sprigionare questo potenziale latente. Ciò avrebbe indubbie ricadute positive sia in termini economici sia in termini sociali. Le organizzazioni del lavoro possono giocare un ruolo fondamentale in tale processo, attivando meccanismi di
allocazione delle risorse umane in grado di cogliere a pieno le competenze dei migranti. In questo modo le aziende si farebbero fautrici di un modello di integrazione economica strutturalmente equo e non discriminatorio.

Esistono metodologie ad hoc, che un sapere esperto può rendere accessibili, in grado di favorire il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze dei migranti in diverse fasi, dalla selezione allo sviluppo di carriera. Si tratta di strumenti pensati per facilitare l’emersione delle potenzialità di ciascuno, anche in presenza di barriere linguistiche o culturali. A ben vedere, quindi, tali metodologie offrono vantaggi che non riguardano solo le risorse umane migranti. Esse infatti consentono di cogliere le risorse di ogni singola persona, a prescindere dall’origine e dall’appartenenza etnica, ma anche da ogni altro tipo di diversità che, complessificando la comunicazione interpersonale, potrebbe ostacolare la messa a fuoco di un potenziale.

(altro…)

Quali metodi possono essere integrati per valutare l’impatto sociale e quali possono risultare efficaci per ampliare la comprensione delle esperienze personali e dei cambiamenti provocati da un progetto o un’attività?

Per rispondere a tali quesiti, nei prossimi mesi, la Community delle Valutatrici e Valutatori del Centro di Competenze per la Valutazione e Misurazione dell’Impatto (CeVIS) sarà impegnata in una serie di incontri formativi destinati ad esplorare e sperimentare differenti metodi possibili, ciascuno dei quali offrirà una molteplicità di approcci e dati utili alla misurazione. 

I primi due incontri dell’anno si focalizzano sul “Metodo Narrativo” che si configura come un innovativo approccio nella valutazione dell’impatto sociale, proponendo un focus centrato sulle storie di vita e sulle esperienze individuali. 

A differenza degli approcci tradizionali basati su dati quantitativi o qualitativi, il Metodo Narrativo si concentra sulle narrazioni personali e sulle storie di vita dei soggetti coinvolti. Questo approccio cattura la complessità delle esperienze umane e offre una prospettiva più intima e partecipativa.

Il primo incontro si è tenuto giovedì 25 gennaio 2024, presso il nostro Campus, con la docenza della dott.ssa Maria Giulia Marini, Direttore Scientifico Area Sanità e Salute ISTUD e Presidente EUNAMES, European Narrative Medicine Society. 

In tale occasione abbiamo realizzato alcune interviste per permetterVi di conoscere questo Metodo e le attività del CeVIS. 

Maria Giulia Marini, Direttore Scientifico Area Sanità e Salute ISTUD e Presidente EUNAMES, European Narrative Medicine Society

Abbiamo, inoltre, raccolto le impressioni a caldo di due Valutatrici: Emanuela De Sabato di Futura Law Firm e Clarissa Amateis di Vol.To ETS – Volontariato Torino

Emanuela De Sabato, Futura Law Firm
Clarissa Amateis, Vol.To ETS – Volontariato Torino

Cosa è quindi emerso da questo incontro formativo? 

  1. Le storie personali di coloro che hanno beneficiato di un progetto o di attività ad impatto, possono trasmettere in modo vivido e tangibile l’effetto del cambiamento sociale generato e vissuto. Raccogliere e documentare queste storie di successo con l’approccio narrativo può fornire una prospettiva umana che va oltre i dati quantitativi.
  2. Le interviste narrative consentono di approfondire le esperienze personali. Attraverso domande aperte, è possibile raccogliere dettagli sulle sfide affrontate, i momenti chiave di cambiamento e come il progetto o l’attività ha influenzato positivamente la vita delle persone coinvolte.È importante anche prestare attenzione alla terminologia utilizzata durante l’intervista, calibrandola in base allo stile narrativo desiderato.
  3. Analizzare le storie raccolte per identificare temi comuni può rivelare aspetti intangibili dell’impatto sociale. Questa analisi tematica fornisce una comprensione più approfondita dei cambiamenti sottostanti e delle dinamiche sociali.
  4. Integrare metriche qualitative nei processi di valutazione, come la qualità delle relazioni e il senso di appartenenza, può aggiungere profondità all’analisi. Questi aspetti qualitativi spesso sfuggono ai tradizionali indicatori numerici e anche ai metodi qualitativi che si basano su rilevamenti limitati (es.questionari), ma sono cruciali per valutare l’impatto sociale.
  5. Coinvolgere la comunità nel processo narrativo non solo rende il processo più inclusivo ma aggiunge anche autenticità alle storie raccolte. La partecipazione attiva delle persone interessate garantisce una rappresentazione accurata dell’impatto.
  6. Creare rapporti che combinino storie narrative con dati quantitativi offre una visione più completa e convincente dell’impatto sociale complessivo. Affrontare le divergenze tra punti di vista differenti rappresenta il punto di partenza per collaborare con un’ottica globale verso l’implementazione e lo sviluppo continuo dei progetti o delle attività.

In conclusione possiamo affermare che l’utilizzo di un approccio narrativo nella misurazione dell’impatto sociale consente di andare oltre la superficie dei numeri, catturando la complessità delle esperienze umane coinvolte. Integrare storie di successo, interviste narrative e analisi tematiche può arricchire la comprensione dell’impatto sociale, consentendo agli attori coinvolti di adattare e migliorare i propri sforzi per il bene comune

Il prossimo incontro della Community, previsto in aprile, continuerà a trattare il metodo narrativo attraverso un’ action learning su “what to do” e “how to act” in casi pratici di valutazione d’ impatto. 


Che cos’è la Community delle Valutatrici e Valutatori del CeVIS? 

Una community popolata da competenze, valori e conoscenza che contribuisce alle attività e alle progettualità del Centro. La rete, animata dall’hub, è un luogo di scambio di buone prassi, sviluppo professionale e peer learning su temi legati alla valutazione d’impatto.

Per entrare a far parte della Community scrivi a centrovalutazione@cottinoimpact.org

Segui tutte le nostre interviste sul nostro canale Youtube


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Lo scorso 13 luglio il World Economic Forum ha diffuso il report annuale Global Gender Gap Report 2022 giunto alla sua sedicesima edizione e dedicato ai livelli di attuazione delle misure riduttive del gender gap in tutti settori e livelli lavorativi. Un’analisi dall’area corporate al terzo settore, passando dalla rappresentazione politica fino al lavoro di cura e assistenza.

I dati emersi, a livello globale, riportano un trend complessivo di lieve miglioramento rispetto al 2021, ma di certo non ottimista: in base agli andamenti attuali, per raggiungere la piena parità di genere, impiegheremo ben 132 anni.

Rispetto al 2020, che prevedeva 136 anni per il raggiungimento della Gender Parity c’è quindi un lieve miglioramento, ma non è ancora (ovviamente) abbastanza.

Puntando la lente di ingrandimento sull’Italia, la situazione è stabile, ma lontana da un risultato che possiamo considerare di successo. Il nostro Paese risulta infatti al 63esimo posto al mondo su 146 posizioni complessive e 25esimo in Europa su 35 nazioni totali.

Ma se è vero che il report sottolinea una situazione complicata, è altrettanto importante ricordare che sono stati diversi, negli anni, gli interventi legislativi che hanno cercato di intervenire sul gender gap in ambito lavorativo nel nostro Paese. 

La parità di genere e la riduzione delle disuguaglianze sul posto di lavoro infatti passa anche dai ruoli dirigenziali che le donne possono ricoprire. Dopo la proroga della Legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei CdA e la proposta sulla trasparenza salariale presentata dalla Commissione Europea, il nostro Paese ha anche visto l’approvazione della legge 162 del 2021 (legge Gribaudo) che punta a favorire la parità retributiva e le pari opportunità sul luogo di lavoro.

Dal 1° gennaio 2022 inoltre è prevista una certificazione sulla parità di genere con l’obiettivo di riconoscere le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. E la legge Gribaudo riconosce anche sgravi fiscali alle aziende che possono dimostrare interventi e risultati in tema di parità di genere. Senza contare che, in ottica di trasparenza, è anche stato istituito un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese costituito da rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità, dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, di rappresentanti sindacali ed esperti.

In Italia, nel 2022, le donne detengono il 32% delle posizioni aziendali di comando

In Italia, nel 2022, le donne detengono il 32% delle posizioni aziendali di comando, 2 punti percentuali in più rispetto al 2021. Le donne CEO sono salite al 20% così come quelle con ruoli nel senior management al 30% nel 2022. Tuttavia, secondo il rapporto annuale “Women in Business“ di Grant Thornton, il nostro Paese rimane ancora nelle retrovie tra le 30 economie mondiali analizzate.

La stessa ricerca nel 2021 aveva rilevato, infatti, che le posizioni di CEO occupate dalle donne erano scese al 18% rispetto al 23% registrato nel 2020, andando sotto la media dell’Eurozona (21%) e delle rilevazioni fatte a livello mondo (26%). Invece, a livello globale, la ricerca ha mostrato che rispetto al 2021 aumentano le donne CFO (oggi al 37%) e COO (al 24%), mentre scendono di 2 punti le donne CEO (24% rispetto al 26% dello scorso anno).

Come intervenire e migliorare la situazione quindi?

Tenendo alta l’attenzione su questo tema e lavorando per aumentare la consapevolezza che un mondo che prevede la parità di genere in ambito lavorativo, e non solo, è un mondo migliore. Per tutti. 

Scarica il Report

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Momenti storici che si caratterizzano per alta discontinuità rispetto ai tempi precedenti richiedono disposizioni mentali differenti.

La trasposizione sul piano digitale di linguaggi analogici, la commistione tra AI e intelligenze umane, la sovrapposizione tra dinamiche globali e locali, sono solo alcune delle driving forces che richiedono urgentemente un aggiornamento delle nostre lenti cognitive. 

In questa cornice, l’aumento vertiginoso di complessità e incertezza ha reso i mindset tradizionali “obsoleti” e la loro applicazione un fattore di rischio per il decision-making.   Parlare di obsolescenza non è questione di moda ma epistemologica: i mindset sono strutture di conoscenza plasmate sulla base dall’esperienza passata che impattano i modi di percepire, pensare e attribuire di cui facciamo uso nel presente. Sono forme di memoria vivente che, nelle fasi storiche ricche di trasformazioni radicali, producono bias ossia credenze che portano a giudizi-valutazioni erronei in modo automatico e inconsapevole. Ergo, la necessità di un cambiamento di mentalità. 

Il Foresight Mindset è un insieme di atteggiamenti mentali, lenti cognitive e schemi di credenze per la gestione delle transizioni.

È un mindset che nasce appositamente per supportare processi di decision-making trasformativi nei momenti in cui la discontinuità impedisce di applicare al domani ciò che vi era ieri (“fenomeno del presentismo”). 

Messo a confronto ad esempio con il celebre growth mindset” (Carol Dweck, 2007), il Foresight Mindset ne ingloba le qualità e al contempo se ne distingue per tre specifiche dimensioni


  1. Uso strategico della temporalità: il futuro viene concepito come lente cognitiva e si utilizzano ottiche temporali di medio-lungo termine come dispositivi strumentali per cogliere le possibilità inedite del presente
  2. Finalità trasformative: nel Foresight Mindset si promuove l’assunzione di prospettive osservative divergenti con l’esplicito obiettivo di innescare processi di cambiamento 
  3. Gestione strumentale della complessità: mentre nei mindset tradizionali l’informazione ambigua e incompleta è considerata limite, nel Foresight Mindset la complessità e l’incertezza sono risorse per il processo decisionale 

“Non scrivere mai di un posto finché non sei lontano da esso, perché ciò ti dà una prospettiva”, scriveva Ernest Hemingway.

Parafrasando la citazione nel terreno del Future&Foresight, affermiamo che non è possibile acquisire una lettura consapevole delle possibilità del presente se non lo osserviamo con gli occhi del futuro. 

La costruzione di politiche d’impatto e strategie di innovazione necessita anzitutto di una preliminare ristrutturazione cognitiva che ci insegni a vedere “l’inevitabile” come “uno dei possibili”.  

Nella Foresight Academy viene dedicato tempo e spazio all’attivazione della mentalità orientata al futuro. La formazione di un Foresight mindset assolve almeno una duplice funzione. La prima, di metterci in guardia dai bias che quotidianamente disorientano le nostre strategie di sviluppo attraverso la promozione di consapevolezza rispetto agli strumenti cognitivi della nostra “cassetta degli attrezzi”. La seconda, di dotarci delle competenze necessarie alla trasformazione dei limiti posti dalle sfide contemporanee (incertezza e complessità) in risorse a servizio dell’innovazione e del cambiamento. 

Di Roby Parissi, Social Innovation Manager di ForwardTo – Studi e competenze per scenari futuri.

Vuoi saperne di più sulla Foresight Mindset?

Consulta la pagina Foresight Academy dedicata sul nostro sito.


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Didattica e apprendimento devono essere trasformativi.

Assumere acriticamente concetti e nozioni per poi riproporli – e applicarli – in maniera invariata è poco utile.

O meglio, apprendere nozioni è utile se queste vengono messe a giudizio di un’indagine critica e razionale.

Per essere trasformativa la didattica deve produrre quello che Jack Mezirow (sociologo statunitense che insegnò alla Columbia University) chiama “change in a frame of reference (Mezirow 1997: 5).
Queste “cornici di riferimento” sono le associazioni mentali, i concetti, i valori e anche le sensazioni che definiscono la nostra età adulta e il mondo in cui ognuno di noi si muove (non tanto perché questo viene modellato da noi, ma perché viene interpretato proprio a partire da ciò che siamo, conosciamo e desideriamo).

Mezirow inoltre ha argomentato che queste cornici si compongono sostanzialmente di due ingredienti distinti: (a) abitudini e (b) punti di vista.
Se le prime sono profondamente radicate in noi (e tendenzialmente derivate dalle persone che ci hanno dato le prime cure), i secondi sono più soggetti al cambiamento.

Il concetto di “transformative learning” ha come obiettivo proprio quello di cambiare e trasformare queste cornici tramite cui ci approcciamo e comprendiamo il mondo circostante.

Uno dei concetti trasformativi per definizione e che attualmente sta prendendo sempre più piede è quello di impatto sociale.

Uno dei luoghi per eccellenza in cui tale concetto viene messo in pratica e veicolato tramite una formazione trasformativa è qui al Cottino Social Impact Campus. L’obiettivo è quello di costruire una nuova cultura capace di rendere le persone world-makers, costruttori e costruttrici di mondi differenti tramite la trasformazione degli attuali modelli di riferimento. E tale obiettivo si concretizza tramite l’offerta di nuovi strumenti, linguaggi e pratiche in cui individui e organizzazioni si aggregano creando comunità di apprendimento capaci di sostenere le sfide globali.

La declinazione della transformative education incorporata dal Cottino Social Impact Campus si declina lungo più assi:

  1. una visione sistemica,
  2. un intento sociale,
  3. un approccio progettuale.

Avere una visione sistemica significa concepire che tutti i sistemi sono composti a loro volta da sotto sistemi interlacciati tra loro.
Una visione sistemica rigetta l’assunto tradizionale tipico di un certo qual riduzionismo secondo cui il tutto è nient’altro che la somma delle parti.

Il Cottino Social Impact Campus promuove una visione che affronta e sfida il contesto d’insieme

concependolo come composto da altrettanti elementi tra loro collegati.

Ed è così che le dimensioni ambientali, sociali, economiche, di governance, assumono senso laddove integrate tra loro in una visione sistemica.

L’intento sociale si esplicita nel pensare alla centralità dell’essere umano come fine delle azioni e mai come mezzo, privilegiando così i concetti di società e comunità, inclusione, equità e partecipazione prima di quello di individuo.

Infine, l’approccio progettuale: si tratta di sviluppare corsi di azioni che hanno come obiettivo quello di trasformare la situazione attuale in una (collettivamente e socialmente) preferibile. 

Questi tre assi trovano un luogo di applicazione chiaro e definito nel nostro programma Impactware, il percorso per diventare esperti dell’impatto sociale.
Tramite molteplici modalità didattiche, in un susseguirsi di lezioni frontali, discussioni tra pari, testimonianze d’impatto, workshop e canvas originali, i partecipanti possono definire un piano d’azione con un obiettivo chiaro in linea con una visione d’impatto capace di sfidare lo status quo.

Vuoi saperne di più sul nostro percorso?

Consulta la pagina Impactware dedicata sul nostro sito.


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Cosa fareste se, fra dieci anni, vi ritrovaste un robot per casa, capace di provare tutta la gamma delle emozioni umane?
Potrebbe essere un normale device, come lo smartphone, capace di sostituirvi a lavoro o di diventare il vostro coach dedicato.

Che impatto avrebbe sulla vostra vita e come cambierebbero le relazioni affettive e professionali con gli altri?

Se non ci avete mai pensato, è ora di cominciare a provare. Immaginare, disegnare, valutare e perseguire la realizzazione di specifici scenari futuri è la palestra in cui sviluppare l’attitudine a esplorare le possibilità del domani. La scansione dei possibili può essere attivata non solo per le grandi tematiche che riguardano l’umanità (per es. il cambiamento climatico), la vostra azienda (es. nuovi mercati, opportunità all’orizzonte, criticità e rischi) o per le attività riguardanti il vostro futuro prossimo (dove andrete in vacanza), possiamo infatti imparare a influenzare le dinamiche e gli scenari in cui ci muoviamo per realizzare la versione preferita di noi stessi

Come?

Iniziamo a sfatare qualche mito: il futuro non si può predire. Dimentichiamo cartomanti, sensitivi e consulenti che sembrano custodire la verità. Il futuro non esiste ancora e quindi non può essere predetto, per questo diffidate di chi vi propone una versione unica di futuro. Il futuro è sempre plurale.
Davanti a noi c’è un cono di scenari futuri più o meno probabili, possibili e preferibili, che vanno identificati, analizzati e raccontati. Si tratta di uno dei fondamenti del Futures&Foresight, una disciplina nata nel secolo scorso per scopi militari e strategici, che negli anni ’60 ha iniziato a essere utilizzata in contesti organizzativi per anticipare scenari futuri. Fino a diventare, negli ultimi decenni, uno strumento necessario per i decision-makers per scatenare e attivare un percorso trasformativo.

Per rendere però questo processo solido in un contesto in cui l’accelerazione e l’incertezza sono condizioni diffuse, non va trascurata la componente personale del decision-maker.
Parliamo di Personal Futures, l’applicazione di metodologie Futures&Foresight non solo all’organizzazione, ma anche – con le opportune rimodulazioni – al singolo individuo, di cui parleremo in moduli dedicati a nella Foresight Academy realizzata in partnership tra il Cottino Social Impact Campus e Forwardto e in partenza ad ottobre.

A partire dagli studi dell’americano Verne Wheelwright e alla pubblicazione dei risultati della sua sperimentazione nel 2010, si è iniziato a comprendere quanto è importante guardare non solo all’impatto che le scelte dei decision-makers hanno sulle loro organizzazioni, ma anche (e oserei dire soprattutto) sul loro personale percorso di crescita professionale.  
La capacità di immaginare, disegnare, valutare e scegliere uno scenario futuro aspirazionale e strategico, è profondamente influenzata da alcune variabili personali del decision-maker, a cominciare dal suo sistema valoriale e da quanto esso sia sovrapponibile con quello dell’organizzazione di cui fa parte. 

Lavorare sulla consapevolezza di sé e sulla personale propensione (o disabitudine) a esplorare scenari futuri è un passaggio necessario per realizzare un percorso “future-proof”.
Come a dire che i sistemi percettivi, valoriali, relazionali e comportamentali di ognuno di noi, condizionano i processi di analisi strategica sul futuro del proprio contesto, settore, territorio, mercato. Chi prende decisioni in prospettiva per un’azienda, per esempio, identifica strategie e roadmap per realizzare un futuro auspicato nel lungo periodo (la visione strategica dell’organizzazione). Sarà un processo svolto con tanta più disinvoltura, rapidità, completezza ed efficacia, quanto più chi lo realizza ha consapevolezza dei Personal Futures, del proprio mindset di orientamento al futuro e delle proprie personali aspettative sul domani. 

Negli ultimi anni abbiamo studiato e testato le metodologie di Personal Futures sul campo, in contesti organizzativi a elevata complessità che stavano affrontando (o si preparavano ad affrontare) una fase di cambiamento profondo non solo di processo o di struttura, ma soprattutto di mentalità. Abbiamo aiutato decision-makers con percorsi integrati di Personal Futures (attivati per la prima volta in Italia) che hanno prodotto un’accelerazione nelle dinamiche trasformative, potenziando la loro capacità di:

E voi? Su quale versione di voi stessi volete iniziare a lavorare?
Per capirlo consultate la nostra pagina dedicata alla Foresight Academy in partenza ad ottobre!

Di Pierfrancesco Matarazzo, skill business coach e Personal Futures Developer di ForwardTo – Studi e competenze per scenari futuri.


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Nel nostro tempo, caratterizzato da complessità, accelerazione e incertezza, abbiamo un sempre più urgente bisogno di competenze che ci permettano interpretare e anticipare il cambiamento.

L’obiettivo di Strategic Foresight e Future Studies è proprio questo: fornirci gli strumenti per fare un salto nel futuro, vedendo le possibilità che porta con sé, per poi tornare ad agire nel presente con maggiore consapevolezza ed efficacia.

La complessità non ci consente di ragionare e agire in modo lineare come ci è stato insegnato fin dai primi giorni di scuola, richiede un approccio sistemico che tenga conto di molti fattori, e capace di cogliere rischi e opportunità. Pertanto è necessario imparare e abituarsi a osservare i segnali e i cambiamenti (di tipo tecnologico, sociale, ambientale, politico ed economico), a immaginare scenari possibili alternativi di lungo periodo e a costruire strategie “a prova di futuri”, per dare senso alle decisioni e alle azioni che compiamo nel presente e nel futuro prossimo.

Questo approccio implica mentalità, conoscenze e competenze che costituiscono una base necessaria oggi per interpretare i segnali trasformativi, anticipare i cambiamenti, migliorare la capacità strategica, attivare nuove competenze come la resilienza, l’anticipazione, l’immaginazione, l’etica, la leadership orientata al futuro.

Naturalmente non possiamo prevedere il futuro, perché non abbiamo dati ed evidenze.

Salvo qualche eccezione, come per alcune forze e fenomeni in atto, misurabili, su cui possiamo applicare proiezioni statistiche (es. clima, demografia, alcuni trend tecnologici).

Tuttavia il futuro può (deve) essere immaginato, pensando ai possibili scenari che si profilano e che hanno impatto significativo su nostri contesti, mercati, territori, organizzazioni.

Gli scenari sono narrazioni di “che cosa è successo” nei futuri che abbiamo immaginato.
Non è un errore grammaticale: il punto è pensarli “con la testa nel futuro”, come qualcosa che accade o è accaduto. Così costruiti tali racconti ci preparano ad affrontare le diverse opzioni in maniera proattiva e resiliente.
Un approccio utile ed efficace, sia per gli individui con i loro progetti personali e imprenditoriali, sia per le aziende che non solo vogliono sopravvivere reagendo in un mercato sempre più volatile, ma quel mercato vogliono determinarlo.

Guarda la Impact Cherry di Alberto Robiati, direttore di ForwardTo – Studi e competenze per scenari futuri e direttore della Foresight Academy in partenza dal 16 ottobre.

Ma come farlo?

Prima di tutto occorre imparare a pensare a finestre temporali di lungo periodo (es. a 10 o 15 anni). Questa disciplina ci permette di guardare al presente con gli occhi del futuro. Il futuro è il mezzo, non il fine: serve a prendere decisioni strategiche nel presente e nel nostro futuro prossimo. E quindi a innescare, oggi, azioni e comportamenti.

Il futuro non è uno solo, dunque. I futuri, e gli scenari ad essi legati, sono molteplici.

Distinguiamo i futuri probabili, quelli che possiamo elaborare analizzando i dati a nostra disposizione (es. sui megatrends). Poi i futuri possibili, desumibili in parte dall’analisi di segnali deboli che cogliamo nel presente e che potrebbero rafforzarsi, e in parte esplorando le possibilità grazie alla capacità di pensarle, attivando l’immaginazione e la creatività. Questi futuri possibili contemplano anche i cambiamenti più radicali, compresi i cigni neri, eventi imprevisti ma ad alto impatto che modificano il corso del futuro (“Le cose non saranno più come prima”).

Infine lavoriamo sui futuri preferiti, la direzione verso cui vogliamo andare. Si tratta di quegli orizzonti che vogliamo attirare a noi con le nostre decisioni e le nostre azioni, il porto in cui vogliamo approdare. Si tratta di un futuro che attira a sé il presente, mobilitando energie, risorse, azioni in grado di realizzare (o adattarsi a) le pre-condizioni per quella visione auspicata.

Seneca diceva che nessun vento è favorevole per chi non sa a quale porto vuol approdare. Ma tutti i venti possono essere favorevoli a chi sa leggerli e anticiparli.

Ed è questo che si impara alla Foresight Academy, generare futuri desiderati (che si tratti di mercati, business, società, territori ecc) tracciando rotte nella complessità e nell’incertezza, sviluppando capacità anticipatorie in grado di muovere le nostre vite e il nostro business in maniera fluida, adattabile (anti-fragile, direbbe Nassim Taleb), consapevole delle diverse possibilità alternative.

Stefano Colmo, networking manager di ForwardTo – Studi e competenze per scenari futuri

Vuoi rinforzare la mentalità orientata al futuro, nutrire l’intelligenza strategica e acquisire metodi di Foresight per muoverti consapevolmente nella complessità del nostro tempo?

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